Un tesoro inaspettato - II

scritto da davi55
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Sono le poesie in dialetto Romanesco di un mio prozio.
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Testo: Un tesoro inaspettato - II
di davi55

I bei tempi andati.

Nozze Vanda Ciccotti-Dino Massa

 

Cò li profumi della primavera..

E cor soriso der novello maggio

Quanno ogni fiore parla er su linguaggio

E’ tutto un paradiso sulla tera.

 

Vanda è ‘na rosa, semprice e sincera

Soride e sprende, in tutto er sù miraggio,

ecchete Dino, che viè all’arrembaggio.

Tè la circonda: e la fa prigioniera.

 

Mà la fatto, cò grazzia e cò ritegno

E oggi stesso, se la porta via

E tu soridi allegra Vanda mia,

chè Dino te se porta ner sù Regno.

 

Vedi tù zia cià l’occhi lagrimosi..

Io , dentro ar core tanta tenerezza,

una casuccia, un bacio, ‘na carezza

questo è l’augurio: a dù novelli sposi.

1 maggio 1960

E’ firmata: Papà.

 

La comunione delle loro due figlie:

Frà  ‘na festa dè luce smeraldina

Frà un gorgheggio dè rondine in amore,

entrate né le braccia der Signore

che Lui, verso la vita v’incammina.

Manuela e Silvia; due angioletti

Due mammolette ner bosco fiorite,

oggi, è la prima gioia che sentite,

frà un odore dè rose e dè mughetti.

 

Mamma e papà, per voi imbastiranno

Sogni dorati, che ne l’esistenza

Loro, nun vonno gnente..fanno senza,

solo pè voi, uniti lotteranno.

 

E tu Silvietta dar dorce soriso,

tu Manuela, vispa e mosse snelle,

oggi, ci’avete er core in Paradiso,

noi, v’auguramo tante cose belle.

E’ firmata: Nonno Paolo

Una vittoria storica

Ritornando alla mattina della consegna delle poesie, siamo in casa nostra, io adesso come allora non posso assolutamente dire con certezza che la giovane signora che aveva aperto da poco la copisteria, fosse l’amante del signor Dino Massa. Quel giorno prima di uscire da casa in un eccesso di sicurezza così tipico negli uomini e, evidentemente ignaro dell’infallibile logica deduttiva delle donne, aveva lasciato un anonimo biglietto da visita così, per confondere le acque. Sua moglie osservato quel gesto non abituale, lo aveva subito raccolto, il biglietto, e lo aveva guardato con la certezza che fosse una cosa sua, del resto li aveva pagati lui. Almeno per un’ora buona Vanda rimase stupefatta da quella scoperta poi, dato che c’era un numero di telefono, aveva iniziato a chiamarlo proprio come faceva quando era al lavoro in banca. Poco tempo dopo si sentì parlare di divorzio.

Quando Vanda venne a casa nostra per cercare consiglio presso mia madre, mise subito in chiaro che il signor Dino Massa era stato cancellato dal novero degli esseri umani e assimilato alle bestie, di più, era un depravato, un satiro che ancora osava chiederle di fare “certe cose”. Quando noi giovani, eravamo stati invitati da lei ad ascoltare, sentivamo dire “certe cose” ci veniva l’istinto di domandarle cosa fossero “certe cose”. Lei svicolava:”quelle cose che fate voi”, rispondeva, accompagnando le parole con un gesto della mano, quasi ad allontanare da lei l’idea. Scoprimmo che per lei il sesso era sostanzialmente riproduttivo e nient’affatto ricreativo, un’esuberanza giovanile che dopo una certa età non andava più praticata. Subito avrebbe dovuto capirlo lei, che cosa faceva da giovane lui? Guidava le macchine da corsa, era un pilota di rally. Lo avevano persino visto ai tavoli, dove si faceva propaganda e alle manifestazioni per il divorzio, aggiungeva con l’intento di screditarlo, ignorando che in famiglia eravamo divorzisti e avevamo tutti votato per il “No”. Insomma ogni suo tentativo di diminuirlo lo rendeva a noi più simpatico. Una bizzoca, concluse mia madre, quando se ne fu andata.

Allora mi chiedo oggi: quanto dobbiamo a quel piccolo gruppo di persone tra le quali c’era anche il signor Dino Massa, donne e uomini che hanno sostenuto e promosso quella battaglia di civiltà che ci ha reso davvero migliori. La ventata di libertà che soffiò in tutto il paese, la seconda possibilità data a vite rassegnate all’infelicità matrimoniale, questo e tanto altro fece la vittoria sul divorzio.

Via degli Avignonesi

Vogliamo chiamarlo destino? Allora chiamiamolo pure così. Il nostro appuntamento, una sera d’inverno, era presso un civico di via degli Avignonesi e per favore non chiedetemi quale numero: è una via stretta che scende fino a piazza Barberini, nel centro di Roma. L’occasione era data dal fatto che fosse l’ultimo giorno che il F.U.O.R.I. aveva la disponibilità di quell’appartamento che era stato in precedenza la sede del Partito Radicale da poco, trasferitosi in via di Torre Argentina, 18. Quando sono arrivato, i miei nuovi amici erano già lì, schiocchi di bacetti sulle guancie: “Carissima”,  e abbracci affettati, battute sarcastiche, risate autentiche, e un gran sventolare di sciarpe rimboccate intorno al collo. Finite le piccole cerimonie riguardo al mio arrivo che era a maggior ragione una festa dato che mi ero unito al gruppo da poco, ripresero a parlare con un signore che aveva per me qualcosa di familiare e che chiamavano con grande confidenza Dino, domandarono a me:”Questo signore dice di conoscerti?” Allora a quel punto non ho avuto più dubbi, avevo davanti il signor Dino Massa. Si commosse quasi alle lacrime quando lo riconobbi. Quanto tempo era passato dal giorno quando sotto l’alto patrocinio di nonna Clotilde era apparso a casa nostra, una fresca mattina d’estate, come lo stropicciato araldo che consegnava le poesie del prozio. Un paio d’anni nemmeno. Quanto doveva essergli costata la libertà per la quale aveva combattuto. Era un senza casa e dormiva già da qualche tempo in via degli Avignonesi e quella notte era l’ultima anche per lui. Salimmo di sopra, la stanza ancora era ingombra di vecchi cartelloni e manifesti di propaganda, e ci sedemmo intorno al tavolo, dove si era decisa la strategia per la battaglia sul divorzio. La nostra allegria faceva risuonare ancora delle voci in quel posto, dove solo qualche anno prima, ne risuonarono tante ed erano grida di gioia.

Quando siamo scesi, Dino era ancora là, ha chiesto ai miei nuovi amici indicando me:

“Lui adesso sta con voi?”

“Sì Dino, stai tranquillo adesso?”.

Lui ha detto di sì con la testa, si vedeva che era felice.

“Hai un posto dove dormire, stanotte?”

Lui ha risposto.”Sì, state tranquilli”, e subito dopo si è allontanato verso il bar dall’altro lato di via del Tritone, nella notte di Roma.

Ritratto a penna di mio genero Dino G. Massa

E’ grassottello, placido e sereno.

Ie sfiora un sorisetto sulla bocca,

la testa bianca, pare che cè fiocca,

ma dentr’ar core cià l’arcobaleno.

Affabile, cortese e cià rispetto;

se presta, fa piaceri a qualuncuora,

la gente, la conquista e l’innamora,

perché lo vede chè sincero e schietto.

Lui, te stà sempre stretto a la famija,

sortanto in braccio a Vanda s’ariposa,

fà quarche lavoretto, fà ‘na cosa:

la fa cò tanto garbo e maestria.

Tu l’hai dà vedè quanno stà arabbiato,

lo posso giudicà io chè l’ho visto,

che si sé butta in quarche acciaccapisto

lo sai che te diventa? Un carro armato.

Datata: Roma 18/6/1971

Firma: Paolella dè la Moletta

 

Un tesoro inaspettato - II testo di davi55
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